NEET: NÉ STUDIO NÉ LAVORO – LA STORIA DI SALVATORE
NEET GENERATION
QUANDO SOPRAVVIVERE NELL’AMBIENTE URBANO DIVENTA PIU’ DIFFICILE CHE ATTRAVERSARE UNA GIUNGLA!
La generazione NEET e la storia di un neet:
Mi sentivo uno sfigato passavo tutto il giorno davanti ad uno schermo, tra televisione, videogiochi, computer e cellulare. Decisi di disintossicarmi dalla tecnologia…
La crisi, la disoccupazione diffusa e le infelici esperienze lavorative trasformano il giovane ragazzo in un NEET e a tratti anche in un Hikikomori. L’assenza di attività sociali e motorie compromettono la sua salute mentale e fisica, ma il giovane trova la forza di reagire e riprende in mano la sua vita.
MA chi sono i NEET?
Neet acronimo di “Not in Employment, Education or Training” ovvero “Non lavora, non studia e non si aggiorna. In Italia il fenomeno è stato chiamato “né né” (cioè né studio né lavoro).
Il termine neet è nato nel Regno Unito e viene utilizzato per indicare individui tra i 15/16 e i 29 anni, fino anche a 35, che non impegnano le loro giornate né con lo studio e la formazione né con un’attività lavorativa.
I Neet di solito sono mantenuti dai genitori o dal compagno/a e spesso non sono impegnati neanche nelle faccende domestiche (quali cucinare, pulire, ecc…). Non seguono né corsi, né aggiornamenti né fanno tirocini. Molti non sono impegnati neanche nella ricerca del lavoro né sono attivi per la pianificazione del proprio futuro.
Secondo l’Istat nel 2012 in Italia, i Neet nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni rappresentavano circa il 23,9 per cento della popolazione. Ma il fenomeno è attivo in moltissimi paesi d’Europa quali Grecia, Bulgaria… e del mondo.
La storia di Salvatore:
Ciao, mi chiamo Salvatore ho 28 anni, sono disoccupato e vivo con i miei genitori in un piccolo paese del centro Italia; e scrivo questa messaggio per raccontarvi la mia storia:
Mi ero diplomato a pieni voti in ragioneria e avevo deciso di fermarmi con gli studi perché non avevo più voglia di stare sui libri; così decisi di muovere i primi passi nel mondo del lavoro. Mi ricordo che quell’anno andai in vacanza (tra l’altro fu l’ultima che feci), rimandando la ricerca del lavoro a settembre.
Ritornato dalle vacanze mi misi entusiasta alla ricerca del lavoro. Ma cominciarono a passare le prime settimane e i primi mesi e a parte qualche colloquio non avevo ancora concluso niente. Dopo 6 mesi cominciai ad afferrare che forse il mio metodo di ricerca del lavoro era sbagliato, così frequentai un corso di orientamento al lavoro proposto dal comune della mia città. Mi aiutarono molto, e grazie a loro sostegno impostai un metodo giornaliero di ricerca al lavoro che cominciò a dare i suoi frutti. In un mese riuscii a fare più colloqui di quanti ne ero riuscito a fare nei 6 mesi precedenti. E finalmente dopo una decina di incontri con potenziali datori di lavoro venni assunto da una piccola azienda.
Il lavoro mi piaceva e poi ruotava all’ambito dei miei studi, era perfetto! Dopo la prima settimana di lavoro ero molto felice e pensavo che finalmente avevo trovato la mia strada, e i miei genitori (avevo 20 anni e vivevo a casa con i miei) non mi davano più il tormento tutti i giorni sul fatto che mi dovevo trovare lavoro.
Dopo 6 mesi di lavoro ricevetti un piccolo aumento. Il lavoro mi piaceva, mi impegnavo molto e il mio capo se ne accorgeva, a punto per questo ogni tanto mi premiava con dei bonus, e non era raro soffermarci a parlare sulle mie possibilità di carriera.Il tutto proseguì per un anno e mezzo, in questo periodo misi da parte un po’ di soldi e mi comprai una macchina (ero stufo di andare a lavoro in pullman) e cominciai seriamente a considerare l’idea di andare a vivere da solo.
Ma arrivò il fatidico anno: il 2008 (anno in cui cominciò la crisi). Nell’azienda si respirava un’aria pesante, il capo era sempre di cattivo umore, e non passò molto tempo dal momento in cui fu costretto a fare dei tagli al personale, ed io essendo l’ultimo arrivato, fui, ovviamente, il primo ad essere tagliato fuori. L’azienda era piccola, era composta da poche persone e quando le spese cominciarono a superare l’entrate, l’azienda cominciò ad accumulare debiti, fino a che, un anno e mezzo dopo dovette chiudere i battenti.
Dal momento in cui persi quel lavoro cominciò il mio graduale declino.
Ora avevo 21 anni e con l’esperienza maturata precedentemente mi sentivo comunque a cavallo. Ma la mia euforia si spense piano piano. Passarono altri 6 mesi nel quale non conclusi nulla nonostante le ricerche, cominciavo a sentirmi frustato. Le probabilità di riuscire ad andare a vivere da solo, erano ogni giorno più remote.
Passò un intero anno e decisi di smettere di cercare lavoro nel mio settore, e cominciai a cercare insistentemente un’occupazione. Spulciavo e rispondevo a qualsiasi annuncio trovavo: barista, lavapiatti, operaio generico, volantinaggio, pulizie.Dopo vari rimbalzi mi chiamarono a lavorare in un call center.
Purtroppo dopo alcuni giorni mi resi conto che qualcosa non andava, rispondevo di continuo a telefonate minatorie, offensive, e di gente che si lamentava di essere stata raggirata. Compresi che quest’azienda vendeva dei pacchi (in pratica si faceva pagare in anticipo e non consegnava la merce), ma io “come un idiota” continuai a lavorare nonostante il personale mi insultava per qualsiasi errore. La sorpresa arrivò qualche giorno prima della fine del mese, giunsi a lavoro la mattina presto e trovai i due responsabili che facevano una scenata per del materiale che era sparito, e nonostante io non avessi fatto assolutamente nulla, mi licenziarono in tronco insieme ad altri due ragazzi (solo dopo compresi che quella era una scusa per mandarci via). Mi dissero che comunque il pagamento per la mia prestazione lavorativa sarebbe arrivato entro 10 giorni sul mio IBAN, inutile dire che non arrivò mai niente e quando andai a cercarli l’azienda si era volatilizzata nel nulla (a nulla valsero le denuncie, nonostante furono condannati io non ricevetti il denaro).Lavorai per un mese in quel call center, e in quel periodo spesi parecchi soldi, per i pranzi fuori e per la benzina (il luogo di lavoro era a 20 Km da casa mia… immaginate la spesa di carburante..), ma non solo, in meno di un mese persi due anni di vita per lo stress, in quel periodo ero sempre di pessimo umore, tornavo a casa nervoso e litigavo con tutti.
Passò ancora un altro anno nel quale lavorai 9 giorni per un’agenzia interinale come inventarista, e poi feci 3 mesi di stage in una grossa catena di supermercati.
Quest’ultima esperienza fu la goccia che fece traboccare il vaso, ero assunto come stagista allievo capo reparto. In sede di colloquio mi fu proposta la possibilità di diventare manager di una grossa azienda di successo. Ma del ruolo manageriale in quel periodo lavorativo non vidi nulla, la sostanza era che lavoravo 8 ore al giorno (festivi e domeniche comprese) per 400 euro al mese (in pratica sfruttavano la mia manodopera per pochi soldi cercando di darmi la carica con false promesse). Nonostante io ero allievo capo reparto mi comandava chiunque, caricavo merce in continuazione e tiravo pallet pesanti, ed io essendo un po’ in sovrappeso arrivavo a casa distrutto. I rapporti con i colleghi erano tremendi, ero praticamente tagliato fuori (non andava a genio a nessuno il fatto che io ero allievo capo reparto), inoltre non erano rare le offese sulla mia stazza, tra l’altro pure davanti ai clienti (ed io essendo un po’ timido incassavo le provocazioni).Dopo i 3 mesi me ne proposero altri 3, stavolta a 600 euro al mese. Io rifiutai l’offerta ne avevo abbastanza, per la mole di lavoro e per le ore lavorativa non potevo accettare una paga del genere. Ovviamente ai miei genitori non andò giù la mia scelta così come non andò giù un’altro mio rifiuto lavorativo dove mi offrirono un lavoro da personal shopper con rimborso spese di 300 euro lordi.
Questi eventi portarono ad allontanarmi dal mondo lavorativo.
Avevo pochi soldi così cessai il mio abbonamento in palestra e ridussi le uscite con gli amici la sera, inoltre ero sempre meno invogliato a cercare lavoro, arrivai ad un punto di inerzia totale. Ero già in sovrappeso e dopo l’abbandono dell’attività fisica aumentai notevolmente il mio peso.Mi sentivo uno sfigato passavo tutto il giorno davanti ad uno schermo, tra televisione, videogiochi, computer e cellulare. La mattina mi alzavo verso le 11/12 facevo colazione e passavo ore a rimbalzare fra console, PC e televisione, pranzavo verso le 15/16, mangiavo controvoglia e solo dopo l’ennesimo urlo di mia madre decidevo a staccarmi dai videogame e andare a pranzare. Mangiavo velocemente e ritornavo al computer e stessa routine di prima fino all’orario di cena, dove mangiucchiavo qualcosa forzatamente in quanto ero già sazio perché passavo tutta la giornata a stuzzicare qualsiasi cosa trovavo. Mentre rimbalzavo fra PC e tv ogni tanto mi alzavo per andare in cucina e mi strafogavo di tutto quello che trovavo: snack, merendine, patatine, gelati, dolci. La notte stavo sveglio fino alle 3/4 non avevo sonno, passavo le serate sulle chat o guardare film o a giocare alla play. La mia vita era vuota, le giornate passavano velocemente una dietro l’altra, tutte uguali, tra una poltrona, uno schermo, consumo smodato di cibo e sigarette.
Passato un anno in queste condizioni, i miei genitori, parenti erano ormai rassegnati, non mi dicevano più niente, forse perché mi vedevano fortemente depresso. Gli amici cominciarono a sparire uno dietro l’altro chi per motivi di lavoro, di studio, chi per la ragazza o chi perché non gli piaceva più la mia presenza. La mia vita sentimentale era praticamente nulla; molte ore della giornata le passavo sui porno, sulle chat e sulle video chat a masturbarmi fino allo sfinimento.
Il mio corpo era trascurato avevo capelli e barba incolta, pesavo oltre i 100 chili e mi lavavo poco, penso che il mio record sia stato 15 giorni senza lavarmi. Stavo perennemente in pigiama, il letto non lo aggiustai ne cambiai le lenzuola per mesi e infine sviluppai una specie di fobia sociale, cominciavo ad avere attacchi d’ansia se se sapevo di dover uscire, anche per fare cose banali del tipo: scendere in cortile per gettare i rifiuti o andare a prendere l’acqua. La paura di incontrare qualcuno che mi conosceva o di farmi vedere dai vicini in quelle condizioni mi terrorizzava, tantoché quando uscivo mi comportavo come un ninja cercando di evitare tutto e tutti.Ma dopo due anni di questa vita, in un giorno come tutti gli altri improvvisamente ci fu la svolta. Mi guardai allo specchio, fissai la mia immagine riflessa per un tempo imprecisato, e quello che vedevo non mi piaceva… mi facevo schifo avevo 27 anni appena compiuti e sembravo un uomo obeso sulla quarantina.
Non so dove e non so come ho trovato la forza di rialzarmi, decisi di disintossicarmi dalla tecnologia… misi alcuni annunci e svendetti tutti i miei oggetti tecnologici: computer, film, tablet, console e videogiochi. Mi feci una bella doccia, la barba e andai dal mio parrucchiere di fiducia. Quando mi vide era stupito, non mi riconobbe finché non senti la mia voce.
Ricominciai a cercare lavoro, feci domanda per il servizio civile e cominciai a fare il volontario per la parrocchia della mia città. Telefonai ai miei amici e ci rincontrammo, e con una totale apertura gli raccontai senza vergogna il perché del mio allontanamento.
Non mi sono mai confrontato con uno psicologo per capire cosa mi ha portato a lasciarmi andare in quel modo, ma anche senza nozioni psicologiche penso che io abbia passato un periodo di forte depressione causata molto probabilmente dal mio carattere debole ma anche dalla disoccupazione e dalle infelici esperienze lavorative.Oggi è il 2014, e ho 28 anni. E’ passato quasi un anno da quando è cominciato il mio percorso, ma sebbene intravedo la riva sono ancora in alto mare, e ci vorrà tempo per raggiungere gli obbiettivi che mi sono prefissato: trovare un lavoro stabile (magari anche all’estero), dimagrire 30 chili, trovare una ragazza, smettere di fumare (fumo già molto meno di prima).
Io ho deciso di non demordere, voglio lottare per avverare i miei fini e se fallirò non importa perché saprò di aver fatto tutto il possibile.
Ora so solo una cosa: il sorriso e la voglia di vivere non me la toglierà mai più niente e nessuno: crisi, disoccupazione, fallimenti, derisioni, insulti…
Come avevamo parlato in questo articolo l’ambiente urbano ci mette costantemente a dura prova e dobbiamo lottare contro le difficoltà e gli ostacoli che ci si presentano muovendoci a piccoli passi e cercando di accontentarci delle piccole vittorie, come in una vera situazione di sopravvivenza! La scuola di sopravvivenza torna d’aiuto… se ci sentiamo oppressi dal grigio della città approcciarsi al mondo del survival potrebbe essere un’ottima soluzione per uscire dai meandri dell’ambiente urbano.
Infine vogliamo concludere dicendo che il lavoro e lo studio rappresentano una parte molto importante nella vita individuo e tutti quanti, ma soprattutto i governi devono fare in modo che queste attività siano accessibili a chiunque. In Italia abbiamo un numero molto alto tra disoccupati, inoccupati, Neet, precari a rischio, questa è la situazione paradossale di un paese che ha fondato la costituzione su queste frasi:
Art. 1: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro“
Art. 4: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.“
Vedi: sopravvivere nel mondo del lavoro…