2000 – LIBIA “WAW AN NAMUS”
LIBIA: RACCONTI DI VIAGGIO:
A.S.D. ROLLERS 4X4 ADVENTURES
“Visto questo, abbiamo visto tutto!” Queste sono le uniche parole, che ci sono uscite dalla bocca, quando, giunti sulla cresta del cratere esterno, ci siamo trovati davanti in tutta la sua maestosità il “Waw An Numus”.
Il vulcano, era la meta del nostro percorso ma il viaggio era iniziato da molto più lontano, da Saba, dove ci siamo concessi una notte in albergo per partirne poi molto presto in direzione dell’oasi di Murzuk. Lì finalmente abbiamo lasciato l’asfalto per addentrarci nell’omonimo deserto. Non sono state poche le difficoltà, per superare le severe dune del Murzuk! Due i giorni di viaggio per raggiungere Al Katrun, dove abbiamo scattato una bella foto con un gruppo di ragazzini saliti sul cassone del Pik Up e dove avremmo dovuto effettuare il pieno di carburante e acqua, per raggiungere il Namus, ma come può accadere da queste parti “gasolio finito” fu la risposta che c’è stata data dal benzinaio.
Il percorso tracciato sulle nostre carte, prevedeva Sud-Est direzione Al Wigh e poi Est direzione Namus, ma era impensabile con il carburante rimastoci. La riserva nei serbatoi, era tale però da permetterci una deviazione in direzione di Tajhri, una piccola comunità spersa nel deserto a meno di 100 Km a Sud verso il Niger e cosi abbiamo fatto. Giunti nella polverosa piazza del villaggio troviamo ad attenderci la Polizia per il consueto controllo documenti, il distributore ed un folto gruppo di locali che ci salutano.
Riempiti i serbatoi e le taniche siamo pronti, paghiamo pochi Diram per litri e litri di carburante e ci rimettiamo in marcia. A noi si unisce un Pik Up militare che ci supera, lo ritroviamo poco più avanti in panne, rallentiamo e offriamo il nostro aiuto. L’autista ringrazia, ma non sembra essere preoccupato tocca qualche filo e il vecchio Toyota si risveglia sbuffando si rimette in marcia, ci ricupera, lo troviamo poi, parecchi Km più avanti nei pressi di un passaggio obbligato in mezzo a cordoni di filo spinato, dove due guardie molto cordiali, ci aprono una sorta di malandata sbarra che delimita la zona militare.
Proseguiamo ancora qualche km e troviamo su di una collinetta l’ultimo avamposto, i militari ci salutano, ricambiamo con un colpetto di clacson.
D’ora in poi non abbiamo più incontrato nessuno, ci siamo solo noi direzione Namus. Il percorso è a tratti duro, a tratti tecnico. Tre i giorni di viaggio molto intensi, tramonti unici, paesaggi indimenticabili e un simpatico incontro con un Fennek. Ci si presenta davanti una pianura di Fesh Fesh veramente difficoltosa, che sembra non finire mai, è una sabbia finissima, molto simile al borotalco. Qui bisogna tenere la più alta velocità possibile per non affondare.
E’ l’alba del terzo giorno, quello decisivo, oggi raggiungeremo il vulcano, si fa una colazione veloce leviamo le tende e ci avviamo.
Viaggiamo già da qualche ora quando giungiamo su di un banco di conchiglie fossili, vecchie di millenni, scendiamo tutti dai mezzi facciamo due passi, approfittandone per sgranchire le gambe. Vi sono migliaia di conchiglie, alcune molto grandi, basta scavare pochissimo sotto la sabbia, per trovare esemplari perfettamente conservati. A testimonianza di una vita che fioriva decine di millenni fa, in questi luoghi osserviamo anche numerosi pezzi di legno fossile, pietrificato e addirittura degli utensili di pietra abilmente lavorati.
Girando lo sguardo a 360 gradi non si vede che sabbia e rocce, difficile immaginare queste sterminate valli coperte d’acqua e vegetazione, sembra davvero incredibile!
E l’ora di rimetterci in marcia, siamo a parecchie decine di km dalla meta e già si possono vedere pietre e macigni neri come il carbone, scagliati fin lì dall’antica furia del vulcano. Più ci avviciniamo e più aumentano i segni tangibili delle antiche e potenti eruzioni, a circa dieci km la sabbia cambia improvvisamente il suo colore, da paglierino diventa nero. Ci avviciniamo ancora iniziamo a salire, iniziamo a percepire odore di zolfo, la pendenza aumenta sempre più, arriviamo sulla cima ed ecco apparire, in tutta la sua maestosità, il Waw An Namus. Siamo sul bordo che è largo circa 30 mt a forma di anello, con il diametro di circa 5 km, al centro esatto c’è un altro cono più piccolo, forse più recente, tutto intorno alcuni splendidi laghi, tutti di un colore diverso, circondati da canneti e palme, tutto questo nel centro del Sahara libico, questo, dopo aver viaggiato per centinaia di km nel deserto, rende lo spettacolo più che mai incredibile; non bastano le parole o le immagini riportate, per descrivere la sensazione che si prova.
Ognuno di noi vive quel momento a modo suo, chi si siede a contemplare le immagini che gli scorrono davanti agli occhi chi, si sposta per godere di una migliore angolazione. Così facciamo anche NOI e… sorpresa, la colorazione dei laghi cambia con il cambiare della prospettiva!
FANTASTICO
Decidiamo di scendere a piedi all’interno del vulcano, il costone è molto ripido poi, lentamente, si addolcisce, non si ci può avvicinare troppo ai laghi a causa del fondo che, in prossimità di questi, diventa melmoso. Anche da qui il colpo d’occhio è incredibile, le nere dune all’interno del vulcano, sono state modellate dal vento in modo così perfetto, che sembrano finte… sembrano montagne di panna montata… anzi, sembrano gigantesche meringhe… o ancora onde di un mare in tempesta…
Come avevo detto, ognuno è libero di decifrare, le immagini che gli giungono, a modo suo, tutti siamo però d’accordo su di una cosa “visto questo abbiamo visto tutto”…
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